la battaglia di Canne

La battaglia di Canne copertina

LA BATTAGLIA DI CANNE
a cura di Paolo Angelo Furbesco

Luogo della battaglia: Ofanto o Fortore?

Sfogliando le pagine della storia, ho appreso che nel 216 avanti Cristo, Roma subì la sconfitta più drammatica e terribile di tutta la sua era. Accadde durante la seconda guerra punica combattuta tra Romani e Cartaginesi, nella battaglia di Cannae (Canne), considerata tuttora un capolavoro dell’arte militare per la manovra di accerchiamento compiuta da un esercito numericamente inferiore agli avversari. Stiamo parlando forse del più importante evento bellico dell’antichità. In un solo giorno costò all’esercito capitolino l’annientamento di 14 legioni su 16, con la distruzione della sua cavalleria e di quella degli alleati. Si dice, a ragion veduta, che la battaglia di Canne sia stata una delle più importanti della storia.
Ma dove effettivamente accadde tutto questo? Sul fiume Ofanto (Auphidos per i Greci, Aufidus per i Romani) o sul fiume Fortore, anticamente citato come Aufidum tramutato poi in Fer-tor, Fert-ur, Frento, Frentone (o Frontone)?
Secondo la storiografia ufficiale la battaglia in argomento avvenne il 2 agosto del 216 a. C. all’interno del territorio attualmente delimitato dal triangolo Barletta/Canosa/ San Ferdinando di Puglia, nella località attuale di Canne di Battaglia (forse una delle località più note dal punto di vista storiografico della regione pugliese), nelle vicinanze del fiume Ofanto. Da sempre questa interpretazione – anche se controversa – è stata ritenuta attendibile, ma da vent’anni a questa parte, grazie agli studi e all’impegno di Antonio Fratangelo, professore e ricercatore storico, e di altri numerosi esperti studiosi (Giuseppe De Marco, Arturo Salerno, Lanfranco Sanna, Elisa Laurelli…), in conformità a recenti studi basati sull’esame dei documenti storici e dei rilevamenti archeologici, si è sviluppata un’altra tesi che colloca lo scontro lungo le rive del fiume Fortore alla confluenza con il torrente Tappino, ovvero nell’attuale invaso del lago Occhito, nei territori comunali di Gambatesa (provincia di Campobasso) e Celenza-Carlantino (provincia di Foggia). Quindi a pochi chilometri dal territorio di San Bartolomeo in Galdo.
Errori e questioni contraddittorie nella ricerca storica sono numerosi e l’enigma riguardante il luogo ove effettivamente fu combattuta la battaglia cosiddetta di Canne è ancora oggi difficile da chiarire. La localizzazione e l’andamento della battaglia sono stati a lungo dibattuti, anche per l’incertezza delle fonti antiche (vedi, ad esempio, la scoperta del sepolcreto in località Fontanella, ritenuto in un primo tempo quello dei caduti della battaglia e che dopo recenti scavi sembra invece da attribuire all’età medioevale).
‹‹Nel ricostruire un evento storico, c’è l’obbligo di attenersi a quello che ci hanno tramandato le fonti, letterarie o epigrafiche o archeologiche che siano, sia pure sottoposte a esame critico, che consta di due momenti fondamentali, una parte destruens che colga i limiti o le inesattezze, e una parte construens che risponda alla veridicità: ogni fonte è costruzione fatta da un preciso autore soggetto a tutti i limiti della personalità umana o d’una fazione interessata a presentare la propria verità››. (Vito Antonio Sirago, dal libro La battaglia di Canne, estratto da “Archivio Storico Pugliese”, Anno LII, Fasc. I-IV, Gennaio-Dicembre 1999).
Di conseguenza, nell’ambito di questa ricerca, ci proverò anch’io. Per evitare le trappole delle classiche fantasie campanilistiche, è d’obbligo ritornare alla storia antica, citando gli storici o storiografi che per primi si occuparono e scrissero della celebre battaglia, tenendo presente che i Romani, per magnificare la loro vittoria finale, tendono ad accrescere la potenza degli avversari; che ricordano volentieri le loro grandi sconfitte; che bisogna essere guardinghi nell’accogliere le loro notizie. Del resto la storia romana è quasi sempre impostata in questi termini: dapprima i Romani hanno la peggio, poi si riprendono, infine vincono. Si forma la concezione che Roma può perdere molte battaglie, ma alla fine ne esce sempre vincitrice.